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Stefania Bertola: ROMANZO ROSA, di Barbara Miccoli

Stefania Bertola, Romanzo rosa

Grazie Liala, a cura di Mariolina Bertini

con un ritratto di parola di Christel Martinod

1: Imparando a scrivere rosa

di Barbara Miccoli

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Romanzo Rosa di Stefania Bertola non è affatto un romanzo rosa, e sfido chiunque a dire il contrario.

Da che mondo è mondo, fin dai bei tempi di Cenerentola, la letteratura femminile d’evasione ha sempre avuto alcune fondamentali caratteristiche e non se ne è mai discostata: la presenza di un’eroina giovane e bella, o almeno dolce e carina, e di un eroe positivo, quale che fosse per l’autrice la positività in un uomo.

Per dire, Brunella Gasperini, che ha scritto moltissimi bei romanzi dove il rosa era stemperato dall’ironia (un po’ come la Stefania Bertola dei romanzi precedenti, da Ne parliamo a cena a La soavissima discordia dell’amore) utilizzava come eroe maschile o il burbero marito (suo di lei), o alcuni giovani ragazzi implumi cresciuti a poesie di Neruda e jazz freddo (sospetto che in questo caso il modello da cui traeva spunto fosse suo figlio). A questi due irrinunciabili elementi vanno aggiunti un’antagonista, e qualche bell’impedimento che costruisca la trama fino al quasi indispensabile lieto fine.

In Romanzo rosa la protagonista è una bibliotecaria non più giovanissima, che dell’amore in quanto tale se ne frega. L’ha provato durante la giovinezza per un breve periodo, e con tutta evidenza l’ha giudicata un’esperienza deludente e forse inutile. Nonostante la sua lacunosa conoscenza dell’argomento, ha deciso di scrivere un romanzo rosa, e per questo si è iscritta ad un corso che in otto giorni dovrebbe prepararti allo scopo. Insieme a lei altri animosi quanto improbabili personaggi, un avvocato, una mamma di bambini piccoli, un divorziato che ama i cani, ecc.

Il corso è tenuto da una scrittrice rosa già affermata, Maevis Glengarry, nom de plume di Leonora Forneris, distinta e benestante signora.

Fatta questa necessaria premessa, la trama del libro si intreccia strettamente con il romanzo rosa che la bibliotecaria sta scrivendo, e soprattutto con le dispense fornite dalla signora Forneris, che dovrebbero aiutarla nell’arduo compito.

È qui che Romanzo rosa smette di essere rosa, e questo non perché diventi un giallo, ma perché è subito chiaro a chiunque che la bibliotecaria sta fallendo il suo compito, e che noi rideremo moltissimo. Attenzione però: sbaglierebbe chi pensasse che questa è una banale presa in giro della letteratura sentimentale, o peggio dei tanti che la leggono (e siamo in tanti, eh? Anche persone insospettabili, non solo casalinghe del Midwest).

Stefania Bertola l’ha capito, e rispetta la categoria. Ha scritto molte storie d’amore, anche se non troppo romantiche, visto che le sue protagoniste hanno a volte più di trentasei anni, e anche la cellulite, però è evidente che conserva nella memoria traccia dei rosa passati, e non ci disprezza, a noi che siamo cresciute con Delly e maturate con Liala, o che in un momento particolare della vita abbiamo trovato distrazione e conforto in un Harmony, comprato furtivamente dal giornalaio di una stazione.

Chi non si è mai cimentato nell’ardua impresa di scrivere un Harmony (o un suo stretto parente), chi non ha mai provato ad analizzarne gli archetipi minuziosamente, non può capire quanto il suo quadro sia veritiero. Naturalmente, fin dalle prime righe del finto Harmony (che qui si chiama Melody), capiamo che si tratta di un espediente: in nessun rosa degno di questo nome l’eroe maschile potrebbe essere un produttore di marmellata d’arance, all’improbabile aroma di aringa poi, e mai, mai un’antagonista risponderebbe all’assurdo nome di Glorietta.

Eppure è tutto lì: dalla scelta dello pseudonimo al momento in cui i protagonisti fanno sesso per la prima volta, dai nomi dei personaggi all’attenzione puntigliosa per abiti e arredi, è tutto più vero del vero, trasformato appena dalla penna magistrale della Bertola, che beffa teneramente la categoria cui lei stessa parzialmente appartiene, ma con affetto, con evidente simpatia.

Sarebbe riduttivo però pensare questo bel libro come un manuale di scrittura, o come un prontuario per chi volesse cimentarsi nell’impresa, per nulla facile, di scrivere un Harmony. Infatti, e questo secondo me la Bertola lo sa benissimo, solo chi prendesse sul serio queste regole, o quantomeno le facesse un po’ sue, magari anche introducendo elementi dissonanti, ma sostanzialmente rispettandole, potrebbe, come ha fatto lei, scrivere rosa.

In realtà a me sembra più un lungo racconto, a volte appena venato di malinconia, a volte spassosissimo, e la protagonista, con i suoi passati di verdura e i suoi gatti, non è un banale espediente narrativo, ma un personaggio vero, che alla fine riusciamo a conoscere talmente bene che potremmo identificarla a prima vista, se ce la trovassimo davanti per strada. È un racconto per donne, donne che abbiano amato la letteratura rosa, donne che l’abbiano incontrata in un momento qualunque della loro esistenza, donne che siano disposte a provare affetto e tenerezza per chi per gioco o per bisogno ha cercato di cambiare la sua vita tramite la scrittura, e per chi, magari non ci riuscirà mai.

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A proposito di: Stefania Bertola, Romanzo rosa, pp.201, cartaceo | € 13; digitale (ebook) | 6,99; Einaudi, Torino 2012

1: Imparando a scrivere rosa

di Barbara Miccoli

(Barbara Miccoli vive a Roma dove lavora come cuoca a domicilio. Ha due figli e un cane. Possiede l’opera completa di Delly e anche quella di Liala, per non parlare di alcuni scritttori minori)

Grazie Liala, una serie a cura di Mariolina Bertini

con un ritratto di parola di Christel Martinod

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