09: YUKIO MISHIMA / Sole e acciaio
Yukio Mishima, SOLE E ACCIAIO. Guanda 1982. Prosa contemporanea 9.
Yukio Mishima, Sole e acciaio, Guanda, Milano 1982. 93 pp.; 20 cm x 12 cm; (Prosa contemporanea 9)
Titolo originale: Taiyō to tetsu
Traduzione di Lydia Origlia
Brossura con bandelle
Alla copertina: Yoshitoshi, Particolare del trittico Fujiwara Yasumasa suona il flauto al chiaro di luna, 1883
Stampa: gennaio 1982
Stampatore: Editografica Rastignano
Copyright by Orion Press, Tokio
© 1982 Ugo Guanda Editore S.p.A, via Daniele Manin 13, Milano
Lire: 7.000
Copia in ottimo stato.
[M. M.]
Alla bandella di copertina:
Se alla vigilia della morte, avvenuta il 25 novembre 1970, Mishima era già lo scrittore giapponese più noto in occidente, lo spettacolare seppuku – il tradizionale e terribile suicidio per sventramento dei samurai – con cui pose fine ai suoi giorni, ne fece un «caso». La costernazione in cui gettò il mondo delle lettere come della politica con quell’imprevedibile atto fece scatenare una ridda di ipotesi sulla sua vera natura. Quale realtà si celava dietro il personaggio Mishima? Quale forza dava unità, se pur esisteva, alle mille maschere con cui Mishima compariva di fronte al mondo? Ci si buttò a interpretarne ogni aspetto e si volle scoprire dietro il romanziere un abile imprenditore; dietro il poeta un nevrotico affascinato dal culto di se stesso; dietro il drammaturgo un mitomane nostalgico e revanscista; dietro il critico un politicante eterodosso.
Poi, il silenzio. Mishima era sfuggito a tutti i tentativi fatti per decifrarlo e la critica, esaurita nello sterile gioco d’interpretarne univocamente la complessa realtà umana, lo aveva abbandonato. Peggio, in Italia, etichettato frettolosamente e impropriamente come esponente di destra, se ne era pressoché cessata la pubblicazione.
Il suo ritorno da noi con Taiyō to tetsu (Sole e acciaio) nell’eccellente e filologicamente accurata versione di Lydia Origlia, è quanto di più opportuno per riscoprirne la ricchezza umana oltre che l’alto valore letterario. Mishima non volle mai essere considerato solo un intellettuale né, tantomeno, un politico, ma un uomo con la sua strenua, incessante lotta condotta con lutti i mezzi, da quello fisico a quello intellettuale, per affrancarsi dai mille e mille condizionamenti esterni.
Taiyō to tetsu è un testo fondamentale per avvicinarsi alla personalità di Mishima. Scritto due anni prima della morte, può essere letto come un racconto autobiografico che rievoca la scoperta della propria entità fisica e la sua «costruzione» attraverso ardue discipline; come un’esposizione della propria visione della bellezza nell’arte; o, ancora, come quella della sua concezione della vita. Oppure come la testimonianza di un’appassionata ricerca della propria identità di uomo, olire le convenzioni, oltre i propri limiti, oltre la vita stessa.
Gian Carlo Calza
Alla bandella della quarta di copertina:
Mishima nacque a Tokyo nel 1925 e vi morì suicida il 25 novembre 1970. Esordì mentre era ancora studente di liceo nell’esclusiva scuola dei pari, il Gakushtrin, con Hanazakari no mori (Foresta in fiore) a diciannove anni. Ma è con Kamen no kokuhaku (Confessioni di una maschera), romanzo di netta impostazione autobiografica, che raggiunge la notorietà nel 1949. Nei ventisei anni che seguirono il debutto letterario, la sua produzione fu vertiginosa e investì oltre che il romanzo il teatro, la poesia, la critica d’arte e di letteratura.
Tra il ’51 e il ’53 scrisse Kinjiki (Amori proibiti) e nel ’54 il delicato racconto elegiaco Shiosai (Il rombo del mare) che fu adottato ufficialmente nelle scuole. Nel ’56 uscì il celeberrimo Kinkakuji (Il Padiglione d’Oro) che divenne un bestseller anche negli Stati Uniti, nonché Kindai nōgakushū (Raccolta di drammi nō moderni). Uscirono poi Kyōko no ie (La casa di Kyōko) nel ’59 e, l’anno successivo, Utage no ato (Dopo il banchetto); seguirono, tra il 1963 e il 1965, Gogo no eikō (Il sapore della gloria), i saggi di estetica Watakushi no enreki jidai (Imiei anni di vagabondaggi) e il dramma Sado kōshaku fujin (La moglie del marchese de Sade); nel ’68 Tayō to letsu.
In quello stesso anno iniziò la pubblicazione di Hōjō no umi, la tetralogia del Mare della fertilità, con l’uscita del primo volume: Haru no yuki (Neve di primavera); il secondo, Honba (Galoppo sfrenato) seguì l’anno successivo, e nel ’70 furono pubblicati gli ultimi due: Akatsuki no tera(Il Tempio dell’Alba)e Ten- nin gosui (L’angelo caduto). Di quest’ultimo fece pervenire all’editore le pagine finali, sul mistero della morte e la reincarnazione, il mattino stesso del suicidio.