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11: TOMMASO LANDOLFI / Cancroregina

LANDOLFI | CANCROREGINA | NOVARO

Tommaso Landolfi, CANCROREGINA. Guanda 1984. Prosa contemporanea 11.

Tommaso Landolfi, Cancroregina, Guanda, Milano 1984. 79 pp.; 20 cm x 12 cm; (Prosa contemporanea 11)
Brossura con bandelle
Alla copertina: Colin Hay, The embedding
Stampa: marzo 1984
Stampatore: Edigraf s.n.c. – San Giuliano Milanese
Edizione su licenza dell’editore Rizzoli, Milano, 1982
© 1982 Ugo Guanda Editore S.p.A, via Daniele Manin 13, Milano
Lire: 10.000
Copia come nuova.
[M. M.]

 

marchio_guanda

Alla bandella di copertina:

«La letteratura comincia dove finisce la letteratura»: ecco il tema che Tommaso Landolfi ha continuato per tutta la vita a ribattere, di variazione in variazio­ne, di sarcasmo in sarcasmo, di angoscia in angoscia; e che in queste pagine trova una delle espressioni più originali. Il tema si sviluppa su molti piani (o, come l’astronave Cancroregina, ha mille occhi): da quello più elementare e quasi facilmente pro­verbiale, per cui il discrimine tra verità e men­zogna è, così per la letteratura come per la vita, indecifrabile; a quello più tipicamente landolfiano per cui il rapporto tra letteratura e vita è al tempo stesso un rapporto impossibile (la vita è irraggiungi­bile dalla parola) e un rapporto necessitato (non ab­biamo altro mezzo se non la parola per assediare la vita, spiarne il segreto). Un esempio molto bello se ne ha, qui, nella pagina dedicata alla disperazione e all’amore: «si desidera di non amarla (la donna che si ama), che è il modo più appassionato d’ama­re». La contraddizione è dunque la forma più autentica dell’affermare; così come l’incredulo, o blasfemo, Landolfi finisce per riempire l’infinito vuoto, dell’universo e di se stesso, con il nome di Dio.

Il racconto di fantascienza, come è facile capi­re, è soltanto un pretesto; anche se l’incipit è memorabile («Questi contorti o levigati apparecchi, questi bottoni…»), e anche se l’immagine dell’uomo che, spinto fuori dal portello, naviga per l’eternità al seguito dell’astronave ha una sua macabra e fanta­stica potenza.

Ciò che preme allo scrittore non è l’avventura spaziale, o la «fumosa lunucola» nel firmamento, ma il vuoto, l’assenza, cioè il luogo ideale, privo di storia, per approssimarsi alla verità, al silenzio delle domande «ultime» («ma la morte è un fare o un su­bire?»). Il racconto cede dunque naturalmente il passo al diario. Come intuì subito Vittorio Sereni, recensendo il libro nel ’50, Cancroregina segna il momento di trapasso dal prevalere nello scrit­tore dell’interesse narrativo al prevalere di un interesse più squisitamente esistenziale, che avreb­be toccalo nei grandi diari (La bière du pecheur, Rien vu, Des mois) altissimi vertici d’arte. Cancroregina ne è il preludio fantastico e ancora giocoso, godibile e goduto. Ma già il misterioso «porrovio» («il porrovio non ò una bestia: è una parola») proietta la sua ombra minacciosa e tentacolare sino alla linea fatale ove la letteratura finisce, per poter cominciare.

 

Geno Pampaloni

 

Alla bandella della quarta di copertina:

Tommaso Landolfi (1908-1979) è unanimemente considerato uno dei maestri della letteratura italia­na novecentesca.

Esordì nel 1937 con la raccolta di racconti Dia­logo dei massimi sistemi, cui fecero seguito nel 1939 II mar delle blatte e La pietra lunare. Tra le numerose opere pubblicate dallo scrittore nel do­poguerra ricordiamo: Le due zittelle (1945), Raccon­to d’autunno (1947), La bière du pecheur( 1953), Otta­vio di Saint Vincent (1958), Rien va (1963), Des mois (1967), Breve canzoniere (1971), Le labrene (1974), A caso (1975), Il tradimento (1977). Cancroregina uscì per la prima volta nel 1950. All’attività di prosatore e poeta, Landolfi ha affiancato quella di traduttore: a lui si devono apprezzate versioni da Gogol’, Do­stoevskij, Puskin, Hofmannsthal, Novalis.

 

 

 

 

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