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JOSEPHINE TEY negli Oscar Mondadori. FUORISEDE, di Mariolina Bertini. 13

Josephine Tey

Fuorisede, di Mariolina Bertini

13: In viaggio con Josephine Tey

con un ritratto di copertina di Paola Monasterolo

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Sono arrivati in libreria tutti insieme. Qualcuno, da Mondadori, ha avuto un’illuminazione ed è andato a ripescare, per pubblicarli negli “Oscar”, quattro romanzi di Josephine Tey, usciti nei “Gialli” o nei “Capolavori dei Gialli”: È caduta una stella (1978); Il ritorno dell’erede (2002); La strana scomparsa di Leslie (2003); La figlia del tempo (1976).

Non sapeva, così facendo, di trasformare il mio tragitto di pendolare, dalle sabbie dell’asciuttissimo torrente Parma all’umidità semitropicale di Torino, in una sorta di paradiso estraneo alle vicissitudini metereologiche, ubicato nella stessa verdissima campagna inglese in cui Woodhouse ambientava i fulminei fidanzamenti di Bertie Wooster e le geniali strategie di fuga messe a punto per lui dal maggiordomo Jeeves.

L’ipnotica beatitudine nella quale mi immergono le indagini dell’ispettore Grant –uomo di Scotland Yard tra i più colti e garbati- è impermeabile a qualunque intrusione.

Tendine che schioccano, energumeni sbraitanti nel cellulare, equivoche mappe tracciate sul mio sedile da liquidi imprecisati non possono in nessun modo turbarla.

Con la complicità di Elisabeth Mackintosh (1896-1952), autrice di polizieschi sotto il nome di Josephine Tey, io sono altrove e il viaggio, quale che sia la temperatura segnata dal termometro, se non mi dà il tempo di arrivare all’ultima pagina mi sembrerà sempre troppo breve.

Di questi quattro romanzi, ai quali speriamo si aggiunga presto il postumo Sabbie canore, pubblicato nel 1952 e tradotto nei “Gialli Mondadori” nel 1991, l’unico che ha ampiamente circolato in Italia è La figlia del tempo.

Ha anche avuto, nel 2000, l’onore di un’elegante edizioncina, tradotta da Rosalia Coci, nella collana blu di Sellerio. Curiosamente, il presentatore di quell’edizione, Paolo Zaccagnini, critico musicale del “Messaggero”, non solo taceva della traduzione precedente, ma presentava la propria “scoperta” del romanzo di Tey, in una libreria dell’usato, a Dublino, come un imprevisto e folgorante colpo di fortuna.

In realtà La figlia del tempo (perifrasi che designa la verità), scelto dalla Crime Writers Association nel 1990 come ‘miglior giallo di tutti i tempi’, non era certo nel 2000, come non lo è oggi, un capolavoro misconosciuto. È, tra i polizieschi di Tey, il più celebre e il più virtuosistico.

Parte da una situazione analoga a quella che metterà in scena Hitchcock, tre anni dopo, nella Finestra sul cortile. L’ispettore Grant, immobilizzato in ospedale da una frattura, riceve in dono dalla sua elegantissima amica, l’attrice teatrale Marta Hallard, una serie di incisioni che ritraggono personaggi famosi della storia. Scopre con stupore che uno di questi ritratti che l’ha colpito per la sua espressione di saggezza riproduce il volto del famigerato Riccardo III, cui la tradizione e Shakespeare attribuiscono i più atroci misfatti.

Comincia allora una sua personale indagine che si avvale delle fonti più diverse, reperite fortunosamente: dal manuale delle scuole elementari di una delle sue infermiere a una biografia romanzata, dalle opere di Tommaso Moro ai più recenti prodotti della storiografia accademica. L’esito sorprendente della ricerca di Grant fornirà a Tey lo spunto per l’esposizione di una delle sue tesi preferite: la necessità di applicare ai miti e agli stereotipi della Storia lo stesso ‘dubbio metodico’ che un buon poliziotto applica alle differenti versioni di un fatto delittuoso fornite da testimoni e presunti colpevoli.

Non è facile tradurre in una formula il fascino che accomuna i quattro romanzi di Tey appena ristampati, compreso Il ritorno dell’erede, in cui non compare l’ispettore Grant.

Vi contribuiscono tanti elementi diversi. La lucidità psicologica, l’understatement, la saggezza disincantata della voce narrante rimandano a Jane Auste; il disinteresse per le tracce materiali analizzate scientificamente è lo stesso che caratterizza altri personaggi creati in contrapposizione al mito di Sherlock Holmes, come Padre Brown e Miss Marple.

A questo si aggiunge un dialogo brillantissimo, che trasforma spesso il racconto in commedia satirica, prendendo di mira soprattutto i pretenziosi rappresentanti del mondo intellettuale: l’autore seriale di truci romanzi d’ambiente contadino, l’esteta circondato di giovinetti adoranti, la scrittrice che produce con meccanica indifferenza romanzi intrisi di sogno e di passione.

La suprema maestria di Tey nel dialogo nasce certamente dalla sua esperienza di autrice teatrale, culminata nel 1933 con il successo del dramma storico Riccardo di Bordeaux.

Quell’esperienza, vissuta con lo pseudonimo maschile ‘Gordon Daviot’, ci aiuta anche a intravedere il più importante versante nascosto della sua personalità: l’insofferenza per l’identità femminile avvertita come una prigione, il bisogno di costruirsene un’altra più libera, più complessa, segnata da una consapevole ambiguità.

Ben presente ne La strana scomparsa di Leslie, questa ambiguità è implicitamente al centro di Miss Pym (1946; trad. it. La Tartaruga ,1987, e Nottetempo, 2007), la cui protagonista indaga su un omicidio in un collegio femminile muovendosi con partecipe sensibilità tra le sotterranee correnti di passione che attraversano quel piccolo mondo.

È una forte tentazione quella di cercar di mettere a fuoco, dietro il profilo enigmatico di Josephine Tey, la vera fisionomia di Elisabeth Mackintosh. Il suo tratto distintivo fu per i contemporanei l’amore per l’Inghilterra più tradizionale, testimoniato dal lascito del suo intero patrimonio al National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty.

Chi desideri saperne di più, troverà molte informazioni nel sito creato per il 60° anniversario della morte della scrittrice (Josephine Tey. A Very Private Person) e in quello della giovane romanziera inglese Nicola Upson (Nicola Upson. Fact and Fiction), che ha fatto di Tey la protagonista di quattro gialli storici singolarmente ben documentati.

Ma forse il modo migliore per accostare questa autrice sfuggente e geniale è immergersi nella sua opera; assaporarne la perfezione artigianale e i risvolti segreti, senza dimenticare l’ammonimento di Proust: ‘l’io dello scrittore si manifesta solamente nei suoi libri; agli uomini di mondo lo scrittore non mostra che un uomo di mondo come loro.’

 

Fuorisede, di Mariolina Bertini

13: In viaggio con Josephine Tey

con un ritratto di copertina di Paola Monasterolo

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Josephine Tey

È caduta una stella, ed. orig.: 1936. traduzione dall’inglese di Giulia Failla; 212 p. ; cartaceo, 10€ | ebook (ePub con DRM), 6,99€, Mondadori -Oscar scrittori moderni / Gialli – Milano 2012

Il ritorno dell’erede, ed. orig.: 1949. traduzione dall’inglese di Marcello Jatosti; 256 p. ; cartaceo, 10€ | ebook (ePub con DRM), 6,99€, Mondadori -Oscar scrittori moderni / Gialli – Milano 2012

La strana scomparsa di Leslie, ed. orig.: 1950. traduzione dall’inglese di Marcello Jatosti; 205 p. ; cartaceo, 10€ | ebook (ePub con DRM), 6,99€, Mondadori -Oscar scrittori moderni / Gialli – Milano 2012

La figlia del tempo, ed. orig.: 1951. traduzione dall’inglese di Hilia Brinis; 256 p. ; cartaceo, 10€ | ebook (ePub con DRM), 6,99€, Mondadori -Oscar scrittori moderni / Gialli – Milano 2012.



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