Gertrude Stein / Sollevante Pancia. Liberilibri 2010. Recensione di Francesco Gagliardi
Gertrude Stein
Sollevante Pancia
A cura di Marina Morbiducci
testo originale a fronte
XXX + 132 p. ; 16 €
Liberilibri -il circo, 16; Macerata 2010
FNlibri è orgoglioso di presentare una recensione inedita di Francesco Gagliardi a Sollevante Pancia, di Gertrude Stein, Liberilibri 2010
(il libro sarà presentato al Salone del Libro di Torino il 12 maggio alle ore 16 nella Sala Avorio, a cura di Liberilibri, con Armando Massarenti e Marina Morbiducci)
Sollevante Pancia / Gertrude Stein, a cura di Marina Morbiducci, Liberilibri 2010
Come è destino di molte famose coppie lesbiche del passato ma non solo, Gertrude Stein e Alice Toklas sono state a lungo vittime di una forma particolarmente insidiosa della così detta “invisibilità lesbica”.
Che fossero una coppia è difficile negarlo: nonostante i pudori delle vecchie biografie che descrivono Toklas volta a volta come amica, dama di compagnia e segretaria, è Gertrude stessa, nell’Autobiografia di Alice B. Toklas, a descrivere il ménage di rue de Fleurus 27 nei termini di un matrimonio eterosessuale dei più convenzionali, con Gertrude che chiacchiera nello studio con i mariti artisti e Alice in salotto con le mogli – una circostanza, sia detto per inciso, che ha attirato su Stein le antipatie di un gran numero di persone offese dall’aspetto eteronormativo della relazione e forse non abbastanza sensibili alla sua dimensione ironica e performativa.
Nell’immaginario di molti lettori della scrittrice, tuttavia, (ci si augura che su questo punto le lettrici abbiano più buonsenso) l’esatta natura del rapporto tra le due donne è stata a lungo caratterizzata dall’aura di mistero, sadismo e depravazione conferitale con deliberata perfidia dal famigerato capitoletto di Festa Mobile in cui Hemingway descrive la fine “piuttosto strana” della sua amicizia con Stein. Recatosi inaspettato a casa della scrittrice e introdotto da un’incauta cameriera in anticamera, il grande cacciatore dice di aver sentito “qualcuno” (Toklas non viene mai chiamata per nome nell’intero libro) rivolgersi alla “signorina Stein”
in un tono in cui non avevo mai sentito nessuno parlare ad un’altra persona: mai, in nessun posto. Mai.
Poi si sentì la voce della signorina Stein che implorava e supplicava. Diceva: “No, gattina. No. No, ti prego, no. Farò quello che vuoi gattina, ma ti prego non farlo. Ti prego, no. Ti prego, gattina, no”.
Sentendo questo, lo sgomento Hemingway manda giù il bicchiere di liquore offertogli dalla cameriera e si avvia alla porta:
“Devo andare” dissi, cercando di non sentire altro mentre uscivo, ma la scena continuava e l’unico modo di non sentire era andarsene. Era orribile sentire e le risposte erano anche peggio.
Il tono perversamente allusivo e omofobico dell’aneddoto non potrebbe contrastare maggiormente con quello di un piccolo gruppo di poemi in prosa scritti tra la metà degli anni Dieci e i primi anni Venti in cui Stein esamina gli aspetti più intimi della sua vita quotidiana con Toklas: dall’organizzazione domestica al giardinaggio, dalla pratica della scrittura (che, come è noto, vedeva Toklas coinvolta in qualità di prima e per lungo tempo unica lettrice, oltre che come copista-dattilografa), allo scambio di intimità fisiche.
Lifting Belly, composto tra il 1915 e il 1917 e pubblicato per la prima volta nel 1953 a sette anni dalla morte della scrittrice, è forse il più noto di questi scritti.
Ed anche il più esplicito, nella misura in cui la scrittura steiniana lo consente. Al centro del poema è infatti la riflessione, volta a volta giocosa, analitica e celebrativa, sulla dimensione sessuale del rapporto tra le due donne, una riflessione che fa di quest’opera, pur nella sua eccentricità, un caposaldo della letteratura lesbica del primo Novecento.
Lifting Belly è da pochi mesi nelle librerie italiane, tradotto per la prima volta in versione integrale grazie alla dedizione e al coraggio dell’editore Liberilibri, che di Stein ha già pubblicato le raccolte Teneri Bottoni (1989, 2006), Geografia e Drammi (2010) e Opere ultime e drammi (2010).
L’edizione, con testo americano a fronte, è corredata da un’introduzione e da una biografia ragionata a cura di Marina Morbiducci, che dell’opera ha anche curato la traduzione.
Sfortunatamente, come molte traduzioni della notoriamente “intraducibile” Stein, la versione di Morbiducci sembra spesso fraintendere la natura della complessità del linguaggio steiniano, rendendo in maniera astrusa scelte la cui eccentricità è spesso frutto, nell’originale, di alterazioni sintattiche semplicissime e di accostamenti verbali inconsueti ma grammaticalmente irreprensibili.
Il problema principale è rappresentato in questo caso dal titolo stesso, che Morbiducci rende con l’infelicissimo e fuorviante Sollevante pancia. La resa del titolo è cruciale, dal momento che ‘lifting belly’ ricorre poi ben 478 volte nel corso del testo, nascondendo in bella vista il soggetto principale dell’opera. Che non è, come sostiene Morbiducci nell’introduzione, il “pene femminile” (IX), bensì l’atto sessuale.
La resa più opportuna dell’espressione è infatti la più semplice e prosaica, quella che secondo un uso del tutto comune in inglese intende il gerundio ‘lifting’ in funzione di infinito: ‘Sollevare la pancia’.
Che ‘lifting belly’ sia da intendersi come sintagma verbale e non nominale sembra confermato da versi come i seguenti: ‘Lifting belly is gratifying’ (Sollevare la pancia è gratificante) (26), ‘Lifting belly was very fatiguing’ (Sollevare la pancia è stato estenuante) (26), ‘Lifting belly must please me’ (Sollevare la pancia deve darmi piacere) (66), ‘Lifting belly can please me because it is an occupation I enjoy’ (Sollevare la pancia può darmi piacere perché è una cosa che mi piace fare) (74), ‘Lifting belly is exciting’ (Sollevare la pancia è eccitante) (79).
Chiarito di cosa si sta parlando, simili versi diventano completamente trasparenti: l’interesse e il valore dell’opera risiedono precisamente nella maniera oltraggiosamente esplicita con cui l’autrice tratta un argomento inimmaginabile, sfruttando questa stessa inimmaginabilità per dire cose altrimenti indicibili. Tradurre rispettivamente, come fa Morbiducci: ‘Sollevante pancia è gratificante’, ‘Sollevante pancia è stata impegnativa’, ‘Sollevante pancia deve assecondarmi’, ‘Sollevante pancia mi da piacere perchè è un’attività appagante’ e ‘Sollevante pancia è eccitante’ crea un senso di opacità del tutto assente nell’originale, rendendo impossibile capire di cosa si stia veramente parlando anche dopo aver colto la connotazione sessuale dell’espressione.
La resa di ‘lifting belly’ come sintagma nominale, con ‘lifting’ inteso in funzione di aggettivo, sembra plausibile in quei versi che presentano una sorta di personificazione dell’atto, come ‘Lifting belly has a dress’ (Sollevare la pancia ha una gonna) (64) e ‘Lifting belly is proud’ (Sollevare la pancia è orgogliosa) (100).
Qui la versione di Morbiducci (‘Sollevante pancia ha un vestito’, ‘Sollevante pancia è orgogliosa’) sembra effettivamente aver senso dal punto di vista grammaticale. Il problema è che anche in questo caso la resa risulta estremamente ermetica; si perde così l’effetto straniante prodotto dalla giustapposizione di espressioni di prosaica limpidezza ad espressioni che, in virtù di scarti morfologici minimi, vengono ad acquistare un significato più ambiguo, quando non del tutto impenetrabile.
Ma la scelta di Modbiducci è problematica anche e soprattutto ad un livello più profondo. Uno degli aspetti che rendono l’opera particolarmente rilevante all’interno del corpus steiniano, specie in relazione al sospetto di eteronormatività latente che grava sulla scrittrice, è l’attenzione alla dimensione dinamica e relazionale della sessualità lesbica.
In un bello studio sull’opera, Rebecca Mark ha messo in luce come nel testo non esista una gerarchia tra Stein e Toklas: i versi ‘Please be the man / I am the man’ (Per favore fai l’uomo / Sono l’uomo”) sembrano alludere precisamente ad una esplicita e fluida negoziazione di ruoli. Questa dimensione è resa in parte attraverso l’insistente ripetizione della locuzione principale, che configura ‘sollevare la pancia’ come pratica quotidiana, dialogo intimo e ricorrente tra due interlocutrici. Personificare l’atto, identificandolo con una misteriosa parte corporea (il pene femminile?!), oscura questa dimensione attiva e relazionale, suggerendo un’ossessione feticistica che, per quanto non del tutto assente, non ha certamente nel testo la centralità che la versione di Morbiducci le attribuisce.
Nell’introduzione Morbiducci si dilunga a difendere la scelta di ‘Sollevante pancia’, ammettendo persino che la soluzione proposta potrà ‘di primo acchito (…) suonare disturbante, pesante, faticosa’ (XII). Le ragioni addotte, tuttavia, non sono convincenti, specie considerando che delle ben sette alternative che la traduttrice dice di aver preso in considerazione (e che includono scelte incredibili quali: ‘Sollevapancia’, ‘Pancia Saliente’ e ‘Pancia in Sollievo’) nessuna si discosta dalla resa nominale.
Resta il fatto che spesso (e volentieri!) la scrittura steiniana è effettivamente ambigua, complicata, polivalente, sì che scelte che ad un lettore appaiono ovvie appariranno incomprensibili ad un’altra lettrice.
Un pregio non trascurabile dell’edizione di Liberilibri è dunque l’inclusione del testo originale, che consentirà ai lettori e alle lettrici anglofone di giudicare da sé.
Come già segnalato nel post per Flirtare ai grandi magazzini qui su FNlibri, c’è un bellissimo lavoro sulle Shorts Sentences di Gertrude Stein, fatto da Francesco Gagliardi
In occasione della Fiera di Roma per la piccola e media editoria avevo mandato una cartolina dallo stand di liberilibri
Su flickr un set di foto per Sollevare Pancia, Flirtare ai grandi magazzini e l’Autobiografia
Sollevante Pancia sarà presentato al Salone del Libro di Torino il 12 maggio, ore 16-17 nella sala avorio (relatori la prof.ssa Morbiducci e Armando Massarenti del Sole 24 Ore)