come morto
Qui secondo me sembro morto. Insomma, quelle foto che si pubblicano dopo che la persona è morta. Mi sono sempre chiesto chi è che dia ai giornali le fototessere dei morti. E poi nel bianco e nero, e nell’espressione innaturale degli occhi, nelle labbra semi schiuse, c’è invece qualcosa delle foto degli attori, anche questo la precipita in un tempo lontanissimo. L’impermeabile che si indovina era uno strano impermeabile verde scuro di un materiale forse sintetico, come cerato, foderato dentro di un tessuto felpatino, che andava ormai sfaldandosi. Era dei miei genitori, ebbi questa mania per un po’ di tempo, di usare dei loro vestiti smessi, usati prima che io nascessi.
Mi piace di questa foto anche le lucine che ho negli occhi, che mi fanno somigliare a un manga.
Quantio anni avevo? 20? 17? Non ho idea, e niente nè sulla tessera nè sul retro della foto mi aiutano a capire.
Direi che di questa foto ora sulla mia faccia di adesso non ci sia più niente, se non forse queste soppracciglia un po’ svuotate. E i due nei, ora più grandi.
La sciapra era una specie di straccio di panno, forse di Benetton, color -e mi piaceva molto- pesca.
Gli occhi grandi e le labbra, l’immobilità in cui mi costringo, tradita dallo sguardo perduto, sono il desiderio cui aspiravo mentre mi facevo fotografare, immagino. Non so se mi fosse piaciuta allora, ma guardata adesso mi viene da dire che sia esattamente come volevo che fosse.