Claudia Piñeiro: BETIBÙ, di Mariolina Bertini
Claudia Piñeiro, Betibù
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Grazie Liala, a cura di Mariolina Bertini
con un ritratto di parola di Christel Martinod
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2: Giallo-rosa : Betibù e le unghie affilatissime di Claudia Piñeiro
di Mariolina Bertini
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Le contraintes, le imprescindibili regole del rosa -su cui Stefania Bertola ha costruito il delizioso testo autoironico di cui parlava Barbara Miccoli nella scorsa puntata- imprigionano chi scrive romanzi d’amore in una sorta di rigidissima gabbia, atta a suggerire all’immaginazione, piegata nelle posture più innaturali, un tripudio di perverse acrobazie. La gabbia però non resta, nei tempi medi e lunghi, eguale a se stessa; subisce, con l’evolversi del contesto sociale e delle mentalità, una serie infinita di mutazioni, rese accettabili alla lettrice fedele da transizioni abilmente sfumate che minimizzano ogni brusco rivolgimento.
L’età della protagonista è tra le contraintes che più evidentemente hanno subito un processo di adattamento alla realtà storica: alle sedicenni di Delly sono subentrate le ventenni di Liala, cui si affiancano le trentenni e le quarantenni che nel rosa odierno ingannano l’attesa del miracolo amoroso combattendo con la cellulite, riscoprendo le ricette della nonna o confidando le loro ambasce a un comprensivo e generalmente talentuoso vicino di pianerottolo gay. Restava poco sfruttato -nonostante le fictions televisive in cui sono rappresentate più generazioni in parallelo– il mondo, per altro vivace e debordante di inappagato romanticismo, delle ultracinquantenni; ha colmato la lacuna Claudia Piñeiro con il suo Betibù, tradotto da Pino Cacucci nel modo più brillante.
Due intrecci, in Betibù, interferiscono tra loro, come in ogni giallo-rosa che si rispetti: un poliziesco non troppo originale (la cui soluzione è legata a un segreto sepolto nell’adolescenza della vittima) e una storia d’amore ricca di humour, di notazioni psicologiche pungenti e di particolari colti sul vivo. È sul terreno del rosa -e su quello soltanto- che Claudia Piñeiro mostra unghie affilatissime che lasciano il segno. Il ritrovamento del ricco borghese sgozzato in poltrona su cui è chiamata ad indagare la scrittrice di gialli soprannominata “Betibù” (per la sua somiglianza con Betty Boop, la donnina sexy dei cartoni animati) sembra uscito, nella sua usurata convenzionalità, da un vecchio telefilm di Perry Mason; invece la vita sentimentale dell’ultracinquantenne Betibù segue, nel suo itinerario verso l’happy ending, un cammino che presenta qualche risvolto sorprendente.
Quando il romanzo comincia, Betibù sembra avere ormai alle spalle la fase più brillante della sua esistenza: ha abbandonato il genere poliziesco, in cui si era affermata, per un romanzo autobiografico dagli esiti fallimentari, e ha lasciato il grande amore della sua vita, Lorenzo Rinaldi, classico narciso intellettuale dai capelli argentei, direttore di un importante quotidiano, ospite facondo di tutti i talk shaw, che per due anni le ha promesso, nella più perfetta malafede, di separarsi dalla moglie. È nel ridimensionamento del personaggio di Rinaldi -il fascinoso trombone di potere, infallibile calamita dei desideri femminili- che Claudia Piñeiro esercita al meglio il suo talento ironico. Sfruttando un elemento realistico e prosaico -vedremo poi quale-, che nel rosa classico non avrebbe mai potuto trovare il più piccolo spazio, ubbidisce alla grande alla vocazione consolatoria del rosa e regala alla sua Betibù un momento di inebriante gratificazione.
Per raggiungere l’intensità voluta, la gratificazione deve irrompere in un contesto fortemente luttuoso. In crisi su tutti i fronti, Betibù continua inevitabilmente a fantasticare sull’uomo che ha amato per due anni e su un suo impossibile ritorno. A un certo punto il miracolo sembra realizzarsi: Rinaldi la invita a cena e la circonda di suadenti galanterie, come in passato. La sua magia, però, non funziona più: in via di guarigione dal sortilegio amoroso, Betibù, come la regina Titania all’alba della notte di mezza estate, vede l’antico oggetto del suo amore in tutta la sua egoistica meschinità e prova per lui soltanto fastidio. È a questo punto che Claudia Piñeiro non resiste alla tentazione di sferrare un ultimo colpo al suo personaggio maschile, ormai fortemente acciaccato in un angolo del ring. Il vero motivo dell’invito di Rinaldi a Betibù è il più terra terra del mondo: è stato operato alla prostata e vorrebbe mettere alla prova con l’ex amante (dunque giocando, per così dire, in casa) la sua rabberciata virilità. Betibù respinge l’impoetica profferta e, definitivamente guarita dalla sua infatuazione, si lascia alle spalle senza rimpianti il fatuo beniamino delle dame intellettuali di Buenos Aires. La conclusione del racconto le riserverà un compagno meno prestigioso ma infinitamente più simpatico, capace di sentimenti sinceri e aureolato di quell’eleganza degli eterni perdenti che è la quintessenza del romanticismo moderno.
Ubbidisce perfettamente ai canoni del rosa, il finale di Betibù, e offre alle lettrici della piccola posta di Natalia Aspesi la soddisfazione di vedere una loro pimpante coetanea avviata a un’esistenza ben diversa da quella di miss Marple, tutta begonie da annaffiare e golfini da sferruzzare. Il rispetto delle leggi del rosa però è stato assicurato attraverso la loro infrazione: mai un rosa classico avrebbe potuto contemplare l’episodio in cui Rinaldi, il macho umiliato e insicuro, tocca i limiti estremi della più squallida indelicatezza. Un piccolo tocco di sordido realismo rafforza, prepara e rende plausibile la grandiosa perfezione irrealistica del finale: la rivincita di Betibù non è meno improbabile dei favolosi matrimoni cui approdano le eroine di Liala né meno prodiga di conforto per le lettrici in cerca di evasione.
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A proposito di:
Claudia Piñeiro, Betibù, pp. 304, cartaceo | 17€; digitale (epub, PDF con Adobe DRM) 11,99€; trad. di Pino Cacucci, Feltrinelli 2012
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2: Giallo-rosa : Betibù e le unghie affilatissime di Claudia Piñeiro
di Mariolina Bertini
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Grazie Liala, una serie a cura di Mariolina Bertini
con un ritratto di parola di Christel Martinod
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