Chad Harbach / L’arte di vivere in difesa. Rizzoli 2012 (segnalazione)
È in libreria
L’arte di vivere in difesa
(The Art of Fielding)
di Chad Harbach
traduzione di Letizia Sacchini
Art Director Francesca Leoneschi
Graphic Designer: Andrea Cavallini
per theWorldofDOT
513 p. ; 20 € | cartaceo
Rizzoli -la scala, Milano 2012
Preceduto dalla fama ottenuta negli Stati Uniti arriva in Italia L’arte di vivere in difesa, primo romanzo di Chad Harbach.
Chad Harbach è cofondatore e coeditore della rivista “n+1“.
Già Mirella Appiotti nella anticipazioni di Dicembre ne aveva parlato su TuttoLibri: “[…] Scopriremo la «tenuta» della new entry americana Rizzoli, Chad Harbach, nel suo primo libro, L’arte di vivere in difesa, amato da quel mai contento Franzen, un percorso di crescita, sullo sfondo del baseball, né Roth né DeLillo, ma la nuova intellighenzia yankee. […]”.
Dal sito della Rizzoli:
“[…] tutto sta per cambiare. E ciascuno, che lo voglia o no, sarà costretto a fare i conti con quella cosa luminosa e terribile che chiamiamo vita. Acclamato, premiato, segnalato come miglior libro dell’anno da oltre trenta prestigiose testate, bestseller in USA, Inghilterra e Olanda, L’arte di vivere in difesa ha consacrato il suo autore capofila di una nuova generazione di narratori americani. Con la naturalezza dei grandi, Chad Harbach regala al lettore il piacere puro di una storia avvolgente, appassionante, che risplende di intelligenza e di umanità. […]”
È già molto recensito: Su satisfiction il 28 gennaio ne ha scritto Nicola Manuppelli: “[…] Il libro è diventato leggendario ancora prima di uscire (tanto è vero che è il primo romanzo d’esordio ad avere un altro libro scritto su di esso contemporaneamente alla pubblicazione, “How a Book is Born: The Making of art of Fielding” di Steve Blass) […] Il romanzo è stato acquistato da Little Brown, dopo un’asta feroce, ed è stato pagato a una delle cifre più alte per il romanzo di un esordiente. […] Franzen ha definito il libro “un puro divertimento, dove le pagine si divorano. Una sorta di Tom Jones ambientato nel mondo dei college e del baseball” […]”
L’11 marzo repubblica ha pubblicato un’intervista a Chad Harbach a cura di Antonio Monda:
“[…] «L’idea iniziale del libro era la crisi improvvisa di un giocatore destinato al grande successo: è quello che succede ad Henry nel mio libro ed è quello che ho visto accadere varie volte nel baseball. Nel momento della crisi, gli atleti, a cui attribuiamo una dimensione epica ed eroica, mostrano le loro emozioni e la loro vulnerabilità: sono nudi. Ma il libro, ovviamente non è solo sul baseball. […] La mia intenzione era quella di scrivere un metaromanzo novecentesco, con una struttura classica ed un sapore contemporaneo, che facesse sentire come si vive oggi. Se posso fare una battuta il mio post-postmoderno si risolve in un classicismo» […] Lei cita come punti di riferimento Infinite Jest di David Foster Wallace, End Zone di Don DeLillo e Moby Dick di Melville, tre libri estremamente diversi. «C’è chi pensa che il post-moderno inizi proprio con Moby Dick, ma quello che a me interessa è che sia innanzitutto un capolavoro. Ammiro DeLillo, mentre per quanto riguarda Foster Wallace ho deciso di diventare uno scrittore dopo aver letto Infinite Jest. Quel romanzo mi ha fatto capire cosa si possa fare con la scrittura, e come si possa raccontare la contemporaneità» […]”.
il 21 marzo ilPost ha pubblicato una breve anteprima (“Esce in Italia un bel romanzo sul baseball, sulla vita, e sul rapporto tra genio e regolatezza”), linkandolo alla traduzione della lista che il New York Times ha fatto dei libri più belli del 2011, fra i quali il libro di Chad Harbach.
In occasione dell’uscita italiana del libro la Rizzoli ha pubblicizzato il libro attraverso più canali, fra questi l’account @RizzoliST su twitter, sbarcato di recente ma molto attivo e che sembra interpreatare il ruolo, ormai presente in moltissime case editrici, in maniera originale, scegliendo il noi come io narrante, e riuscendo a trasmettere un’idea del lavoro editoriale allegra, anche buffa, molto puntando sull’empatia con il pubblico non mediata dalla bibliofilia ossessiva (“Pagina dopo pagina, la vite dei libri e della redazione della Narrativa Straniera Rizzoli. Tweets from the guys at Rizzoli Foreign Fiction.”).
I tweet prodotti sono raccolti in un post su Storify, e rappresentano un’ottimo esempio di promozione (sì, anche FN è stato compreso nello Storify, con le foto fatte per illustrare questo articolo, su Flickr dal 16 marzo 2021). Fra i materiali interessanti, oltre a articoli e recensioni, la presentazione delle ipotesi di copertina prodotte prima di arrivare alla definitiva (che è una rielaborazione della copertina originale statunitense). Anche questo, se riuscirà a sollecitare commenti e indicazioni da parte del pubblico, potrà essere uno strumento interessante nelle mani degli studi grafici e delle case editrici. A FN poi interessa particolarmente perché è una efficacissima dimostrazione di come una copertina possa “fare” un libro, anzi: tanti, a partire dallo stesso testo.
Scorrendo lo Storify (ma sarà maschile o femminile?) è anche interessante vedere come e quanto fosse pianificato e attento il rilascio dei tweet, divisi tematicamente secondo i giorni, (recensioni, grafica, traduzione…) una chiarezza formale che forse, in questi mesi di supercrescita un po’ caotica del mezzo, è molto efficace.
Naturalmente molti tweet sono citazioni da recensioni, e assomigliano pericolosamente a dei blurp dove ogni libro è il capolavoro assoluto e universale, cosa che forse alla lunga serve a poco.
Rizzoli Straniera ha anche attivato un board dedicato a L’arte di vivere in difesa su Pinterest.
Gad Lerner ne ha parlato su Vanity Fair: […] Aveva tutto per dispiacermi, il troppo perfetto libro di Harbach: la sceneggiatura già confezionata per un film hollywoodiano; l’autore bene inserito del giro dei letterati di Harvard, per giunta col vezzo di nascondere l’età; la pluri-acclamazione quale miglior libro dell’anno nonché bestseller negli Usa; e, come se non bastasse, l’epicentro narrativo concentrato sul diamante, ovverosia sul campo di baseball, cioè di uno sport che mi annoia mortalmente e di cui non ho mai voluto imparare le regole. E invece…
E invece la troppo perfetta, acuminata scrittura di Harbach corrisponde alla ricerca altrettanto esasperata dei suoi protagonisti riuniti in un campus universitario, il Westish College, sulla riva del lago Michigan. Una ricerca che passa attraverso le prestazioni con cui stressano il loro corpo, forzandolo a una disciplina innaturale, ossessiva. […]”
l’8 aprile Stefania Vitulli intervista Harbach per il Giornale: “[…] Che cosa ha da dirci il baseball su come affrontare questi tempi difficili?
«La paura del successo e la paura del fallimento sono due demoni gemelli. Non solo per Henry come atleta, ma per tutti i personaggi, quando entrano in una fase nuova della loro vita. Qualcuno mi ha detto che questo libro parla del “sogno americano” e in qualche modo concordo. I protagonisti avrebbero la possibilità, per i loro talenti, perché frequentano un ottimo college, di salire nella scala sociale. Ma scoprono ben presto che non è così semplice. Che le implicite promesse della scuola non necessariamente si avverano nel mondo reale. E che anche se avranno successo, si lasceranno dietro un sacco di persone. In questo senso, il romanzo è il risultato del momento di tensione economica per i giovani, in cui le speranze e le promesse sono sempre le stesse, ma le prospettive, anche per i più fortunati, sembrano mancare».[…]”.
Naturalmente se ne è parlato su baseball.it: Luigi Giuliani: “[…] The Art of Fielding è quindi un romanzo che incrocia felicemente la baseball fiction con il genere della campus novel (le narrazioni ambientate nel mondo accademico) e del bildungsroman (il romanzo di formazione), ma è anche un’eccezionale riflessione sulla scrittura, con decine di riferimenti a autori e opere letterarie, a cominciare dallo stesso titolo (che rimanda a Henry Fielding, autore del romanzo settecentesco Tom Jones) per continuare con Melville, T.S. Eliot, Marco Aurelio, Epitteto, Pynchon…
Un romanzo dall’avvio ironico che si rivela subito profondissimo e che riprende sottilmente il filo con cui George Plimpton ne Il curioso caso di Sidd Finch del 1987 (pubblicato da pochissimo in Italia dalla 66thand2nd) aveva intessuto il rapporto fra baseball e filosofie orientali. […]”
Nel sito di Barnes&Nobles molte pagine dell’edizione originali sono liberamente accessibili.
(chi ha pagato il libro: FN. Gli pare alla solita libreria Mondadori dove essendo che ha la Carta Musei ha diritto al 15% di sconto; ipotizza però che sia possibile anche che invece l’abbia comprata alla Feltrinelli di Porta Nuova, sempre a Torino, mentre andava a mangiare un cheesburger da McDonald; è incerto)
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