07: CHRISTOPHER ISHERWOOD / Un uomo solo
Christopher Isherwood, UN UOMO SOLO. Guanda 1981. Prosa contemporanea 7.
Christopher Isherwood, Un uomo solo, Guanda, Milano 1981. 131 pp.; 20 cm x 12 cm; (Prosa contemporanea 7)
Titolo originale: A single man
Traduzione di Dario Villa
Brossura con bandelle
Alla copertina: Edward Hopper, Gas (particolare), 1940.
Stampa: 1981
Stampatore: Edigraf s.n.c. – Segrate (Mi)
Copyright 1964 Christopher Isherwood
© 1981 Ugo Guanda Editore S.p.A, via Daniele Manin 13, Milano
Lire: 9.500
Copia in ottimo stato.
[M. M.]
Alla bandella di copertina:
Perché alcuni tra i più bei racconti degli anni settanta sono scritti da vecchi o riguardano la vecchiaia? È la letteratura ad essere invecchiata o sono invecchiati i «grandi scrittori»? Oppure, grandi sono soltanto gli scrittori che invecchiano, quelli capaci di invecchiare, che «arrivano fino in fondo»? Perché soltanto in vecchiaia, in Caro suocero, Tibor Déry ha scritto un racconto bello come il giovanile Amore? E perché Borges con La rosa di Paracelso ha ritrovato il grande se stesso degli anni quaranta e ci ha consegnato un’idea della letteratura come tecnica e risultato della Sopravvivenza? E Singer solo in Vecchio amore e in Sabbath in Portogallo è riuscito ad annullare il suo troppo disadorno, e dunque curvilineo, e dunque manieristico stile, a situarsi, cioè, ad un livello in cui lo stile si fa trasparente non fino ad un qualche solo lineare, togato, obnubilante neoclassicismo ma fino ad annullarsi, a farsi non-stile?
In Un uomo solo di Isherwood il protagonista è un autobiografico professore inglese trapiantato in un college della California. È solo perché è vecchio, perché è straniero, perché è un intellettuale, perché è omosessuale, perché il suo amico è morto, perché ha scelto di essere solo. La solitudine è la sua resistenza – e la forza che lo fa sprofondare nella tradizione e trascurare un futuro tutto prevedibile, e vivere immerso nel presente non come carpe diem (al modo di quell’altro «grande vecchio» amico di Isherwood, il poeta Auden) ma come fervido monologo teso alla provocazione e accensione di un mirabile dialogo platonico. La «paideia» di George è tutta partecipe del presente, di cui assume la casualità e il nomadismo, l’arroganza e la non scommessa: il bagliore dei giovani corpi dorati, la lusinga kavafiana di una spalla denudata, l’attesa che il giovane dio capisca e voglia leggere il libro che lui è. George non ignora la saggezza dell’esperienza accumulata ma non la utilizza; vive, modernamente, come se: come se fosse ignaro, stupido, allo sbaraglio; come se scacchi o vittorie non lasciassero segno; come se giovinezza e vecchiaia fossero entità simboliche che il fulmineo circuito di un «rap-
porto» pareggia o contrappone in una fantastica querelle. Immagine di superba eleganza morale, l’uomo da solo non conosce altra umidità che quella del mare californiano; il suo occhio, la sua voce, la sua anima sono asciutti e asciugano il mondo.
Alla bandella della quarta di copertina:
Christopher Isherwood è nato a High Lane (Cheshire) nel 1904. Dopo gli studi a Cambridge e la pubblicazione del primo romanzo, Tutti i cospiratori (1928), si reca a Berlino dove rimane fino al 1933. Di questo periodo sono alcuni dei suoi libri più noti: Il signor Norris se ne va (1935), Leoni e ombre (1938), Addio a Berlino (1939). Negli stessi anni, in collaborazione con Auden, scrive anche testi teatrali: The Dog beneath the Skin (1935), On the Frontier (1938). Nel ’39 si trasferisce negli Stati Uniti e lavora come sceneggiatore per la Metro Goldwin Mayer, interessandosi nello stesso tempo di dottrine orientali. Cittadino americano dal ’46, Isherwood vive attualmente in California, dove ha insegnato in varie università. Tra i romanzi da lui pubblicati nel dopoguerra ricordiamo: La violetta del Prater (1945), Il mondo di sera (1954), Ritorno all’inferno (1962), A Meeting by the River (1967). Il suo libro più recente è My Guru and his Disciple (1980); A Single Man, che qui presentiamo, è uscito in Inghilterra nel 1964.